Lo scrittore e giornalista Israel Shamir è una delle personalità israeliane più impegnate contro la definizione ebraica dello stato d’Israele e contro il sistema di aparheid che ne deriva. Ex-portavoce del Mapam (Partito Socialista Israeliano) ed Ex-traduttore del presidente Herzog, Israel Shamir è descritto dai suoi detrattori come “un ebreo che odia se stesso”, e dai suoi sostenitori come “uno dei più grandi intellettuali israeliani”. Risponde alle domande di Silvia Cattori sulla campagna di diffamazione di cui è oggetto e sul modo di combattere il razzismo di stato israeliano.
Calunnie di guerra
Silvia Cattori: Cosa risponde a coloro che l’accusano di diffondere l’idea di un “complotto per una dominazione ebraica mondiale”?
Israel Shamir: Poco importa quello che si dice; la gente sente solo ciò che vuole ascoltare! Tutti i miei libri mostrano che non c’è “cospirazione”, né “complotto”, ma che ci sono politiche che servono gli interessi degli ebrei e che certi interessi sono più potenti di tanti cospiratori. L’aristocrazia non complotta, si accontenta di avere interessi comuni. In realtà, è l’interesse principale del gruppo che conta, non è in alcun caso quella che io non riconosco come una “cospirazione”.
Silvia Cattori: Lei viene anche rimproverato di aver rilasciato delle interviste a delle riviste legate all’estrema destra. Cosa può rispondere? Cosa pensa lei dell’estrema destra?
Israel Shamir: Io mi rivolgo a tutti, non solo ai miei amici più vicini. Perchè voglio avere un’influenza su persone dagli orizzonti diversi e portarle al mio punto di vista. Non vedo alcuna ragione di boicottare un giornale o una rivista. Ho scritto per Haaretz, un giornale israeliano a grande tiratura, molto “come si deve”, malgrado il fatto che questo giornale pubblichi articoli di estremisti nazisti israeliani. Scriverei per il New York Times, malgrado che questo giornale sostenga la guerra contro l’Iraq. Ecco perchè, a mio avviso, non c’è ragione di rifiutare nessun organo di stampa.
Silvia Cattori: Quando lei scrive che la posizione ‘sinistra-destra’ è sorpassata, che è invece importante riunire tutte le forze disponibili per combattere il nemico comune (vale a dire gli Stati Uniti e Israele), lei, non ha paura di promuovere alleanze sbagliate?
Israel Shamir: Non ho paura di comunicare: né con la sinistra, né con la destra, perchè abbiamo altre cose in comune. Sinistra/destra è una contrapposizione che conviene ad un universo a dimensione lineare, ma il nostro universo ha per lo meno tre dimensioni. Per questo, degli elementi lontani su una linea possono trovarsi vicini in un’altra dimensione. Il mondo non è unidimensionale. Se avete studiato la geometria, potete capire ciò che voglio dire. Dobbiamo prendere in considerazione ben altro rispetto al collocamento sinistra/destra quando si tratta di sapere chi sono i nostri amici e chi sono i nostri nemici; il rapporto col cielo e la terra deve essere preso in conto; o, se volete, su un piano più banale, il rapporto con gli Stati Uniti e Israele, con la mondializzazione e con le nostre radici. Io appartengo alla sinistra, ma a una sinistra antimperialista. Un alter-mondialista di destra è più vicino al mio cuore di un sinistrese mondialista settario.
Silvia Cattori: Lei ha pubblicato degli articoli di analisi dei risultati delle elezioni presidenziali del 2002 e del referendum del 2005 in Francia, sostenendo che questi risultati sono motivati dagli eccessi del sionismo. Questa opinione sorprende la maggior parte dei francesi. Cosa la porta a credere che la situazione in Palestina possa influire sulle elezioni in Francia.
Israel Shamir: Il sionismo è un problema che non riguarda solo la Palestina; qui il sionismo si manifesta, per esempio, nella sottomissione agli Stati Uniti e all’influenza predominante delle voci pro-sioniste nei media francesi. La lista Euro-Palestina ha fallito proprio perchè ha voluto limitarsi al quadro molto ristretto del problema palestinese. Se questa lista avesse richiesto la de-sionizzazione della Francia, la quale implicava la rottura con la Nato e gli Stati Uniti; se i rappresentanti di questa lista avessero fatto appello al rovesciamento completo del programma sionista, avrebbero avuto un enorme quantità di voti.
Silvia Cattori: Lei contesta forse l’esistenza dei campi di sterminio nazisti? Contesta l’ampiezza del genocidio ebraico, come pretendono i suoi detrattori?
Israel Shamir: Non so nulla riguardo a tutto questo dibattito sul negazionismo. Non riesco nemmeno a capire perchè i francesi si eccitino tanto riguardo alla seconda guerra mondiale, che è finita da tanto tempo. Ma visto che lei mi pone la domanda, voglio rispondere. Contesto il discorso centrato sull’olocausto, e non i fatti che lo riguardano. I fatti prendono un significato preciso nel momento in cui vengono inseriti in un discorso. Il discorso centrato sull’olocausto è legato all’idea che la vita e la morte di un ebreo sono più importanti di quelle di un goy[1]. Per me l’olocausto non è peggiore degli altri crimini di guerra: Hiroshima, Dresda, Leningrado affamata. E’ una parte delle cose orribili che sono successe tra il 1939 e il 1945. Rigetto un significato religioso o storico particolare dell’olocausto. Per me, si tratta di una costruzione ideologica che entra in competizione con altri discorsi più ugualitari, a proposito della guerra.
Silvia Cattori: Il paradosso non è forse che le accuse di negazionismo contro di lei non provengono solo da istituzioni ebraiche di estrema destra, ma anche da militanti di sinistra?
Israel Shamir: E’ evidente che il nostro nemico infiltra la destra e anche la sinistra ovunque, come possiamo vedere. L’infiltrazione è un tipo di gioco politico, è una tattica classica. I maoisti infiltrano les strutture della socialdemocrazia, con il successo che sappiamo. La “Dirigenza Ebraica” [una formazione estremista israeliana] è riuscita a infiltrare il Likud, e l’ha fatto così bene che Sharon ha perso la sua maggioranza. L’infiltrazione a sinistra è massiccia. Ma vale la stessa cosa per la destra. L’infiltrazione, è un procedimento vecchio come il mondo.
Silvia Cattori: Allora il fatto che Amnesty International, dal 2002 al 2004, si sia tenuta in disparte mentre Israele conduceva operazioni militari senza precedenti contro civili, è forse il segno che questa organizzazione sarebbe sotto l’influenza (del sionismo, ndt)?
Israel Shamir: Amnesty International non è altro che un’arma in più nelle mani dei nostri nemici. Se esaminate le liste dei prigionieri politici, non troverete nessun prigioniero politico rinchiuso in una prigione israeliana. Troverete sul mio sito ouèbe degli articoli interessanti a questo riguardo, sotto la voce: “Abbasso i diritti dell’uomo”. Hanno rifiutato di riconoscere nella persona di Vanunu un prigioniero politico, un obiettore di coscienza! Fanno ciò che gli Stati Uniti e Israele gli dicono di fare. Sono infiltrati a tal punto che, praticamente, non si può più fare nulla per liberarli da questa infiltrazione. Francis Boyle, un uomo di valore, amico della Palestina, un giurista internazionale, ha scritto su questo argomento. E’ con lui che si deve discutere di questo problema che riguarda particolarmente Amnesty International.
Mettere fine all’apartheid in Israele/Palestina
Silvia Cattori: Passiamo alla resistenza del popolo palestinese. In Occidente si presenta Hamas come un movimento terrorista, il cui progetto, inserito nel suo programma, è di “uccidere tutti gli ebrei”. Qual’è la sua opinione al riguardo?
Israel Shamir: Hamas non vuole massacrare “tutti gli ebrei”; questa è un’invenzione del nemico! Io non l’ho mai letto da nessuna parte, non ho mai incontrato nessuno che avrebbe scritto, nè perfino pensato, una cosa del genere. Ma noi dobbiamo essere consapevoli che i propositi possono talvolta superare il pensiero di chiunque. Voltaire ha scritto che l’umanità non sarà felice se non dopo che l’ultimo re sarà stato impiccato con le budella dell’ultimo prete; dobbiamo allora aver paura di Voltaire e rifiutare di prenderlo in considerazione? Uccidere tutti i preti non è meglio di uccidere tutti gli ebrei! Voltaire non voleva uccidere nessuno: le persone esagerano, talvolta, per attirare l’attenzione. Non bisogna prendere tutti i propositi sul serio!
Silvia Cattori: L’idea del boicottaggio, soprattutto accademico, contro Israele, sta facendo strada in Europa. Lei pensa che il boicottaggio, tanto efficace contro il regime di apartheid del Sud Africa, possa esserlo altrettanto contro l’apartheid che Israele impone agli arabi?
Israel Shamir: Non dico di no. Ma è essenziale, in Francia, boicottare ugualmente le persone che appoggiano Israele. E’ importante combattere i personaggi che hanno un’influenza sulla politica e l’informazione, quali Alain Finkielkraut, Roger Cukierman o Alexandre Adler. Questa è la priorità delle priorità, qui, in Francia. Costoro sono importanti sostegni di Israele, influenzano l’opinione pubblica e quindi le scelte politiche dei vostri governi. Finchè non avrete emarginato questo genere di “messaggeri” che, nei media o in seno ai governi, hanno i mezzi di rendere inefficace tutto ciò che voi fate, voi non siete sulla buona strada. In Africa del Sud, il boicottaggio è stato efficace perchè il potere sud africano non aveva sostegno all’esterno! Vi dovete battere in ogni paese, nel vostro e negli altri. Alain Finkielkraut, Alexandre Adler, Bernard Kouchner, Bernard Henry Levy e consorti, stanno portando la Francia a sottomettersi agli Stati Uniti, a diventare un paese colonizzato.
Silvia Cattori: Dunque, la sua idea è che, nè i movimenti di solidarietà, nè i negoziati porteranno mai a dei risultati fintantochè il mondo politico-mediatico in Occidente resterà sotto l’influenza di quelle persone che collaborano, in un modo o nell’altro, con l’occupante israeliano ed il suo alleato americano?
Israel Shamir: Dovete sapere che in seno ai movimenti di solidarietà, c’è un problema reale. Ci sono persone che controllano e frenano i militanti ben intenzionati, per portarli verso falsi dibattiti, per indebolire i movimenti che vogliono combattere Israele.
Silvia Cattori: Se ho capito bene, lei sta dicendo che la condizione dei palestinesi continuerà a peggiorare fintantochè coloro che difendono la loro causa non combatteranno i pro-israeliani che, nei loro rispettivi paesi, si attivano, a diversi livelli, per bloccare qualsiasi iniziativa che non servirebbe gli interessi di Israele?
Israel Shamir: Andare in Palestina, è utile, per i giovani, perchè questo permette loro di vedere gente buona, coraggiosa, di scoprire una realtà sconosciuta, di parlarne, al loro ritorno, senza aver paura. Anche ciò può aiutare i giovani stranieri a rompere dei tabù. Ma non porta alla salvezza. In realtà, la lotta, per ognuno di noi, deve essere condotta là dove si vive. Si deve anche aver coscienza, naturalmente, delle interconnessioni tra i fenomeni.
Silvia Cattori: E, lei, è col suo lavoro di scrittore che resiste contro la guerra coloniale del suo paese?
Israel Shamir: Ogni arma, in mano al soldato, è diretta contro il nemico; e io sono un’arma. La spada non si cura del soldato; la spada è fatta per rendere il più efficace possibile il braccio del soldato, perchè possa colpire il nemico. I palestinesi sono del tutto capaci di piantare gli ulivi. Non hanno bisogno del mio aiuto. Certo, sarebbe cosa buona e bella, per la mia anima (e la mia buona coscienza), aiutarli. Ma essi hanno molto più bisogno di armi che permettano loro di combattere. Nelle loro mani io sono quell’arma!
Silvia Cattori: Persone impegnate come Uri Avnery o Michel Warshawsky, per esempio, non vengono attaccati dai militanti del loro proprio campo, come è attaccato lei. Perché?
Israel Shamir: I “sionisti soft”, o i sionoidi, non sono i miei nemici. Ma, secondo me, queste persone sono una perdita di tempo. Vogliono avere una coscienza pulita, facendo filantropia. Io, invece, voglio vincere; voglio smantellare l’apartheid, voglio che ci sia uno stato ugualitario in Terra Santa, voglio mostrare alla gente la strada che permetta loro di andare nella giusta direzione.
Silvia Cattori: Ma … lei, non dice forse la stessa cosa di costoro, con altre parole?
Israel Shamir: Non diciamo la stessa cosa. Essi criticano la politica israeliana, ma giustificano l’esistenza dello stato di Israele così come è stato costruito. Affermano che gli ebrei del mondo intero hanno il diritto di venire in Israele, ma nello stesso tempo, sostengono quegli accordi che di fatto rifiutano il diritto dei rifugiati palestinesi cacciati dalle loro case di rientrare nel paese a cui appartengono, in Israele/Palestina. Si tratta di discriminazione razziale pura e semplice.
Silvia Cattori: Quando lei raccomanda uno stato in cui israeliani e palestinesi vivano insieme – laddove il campo dei “moderati” sostiene la posizione “due popoli, due stati” – non crede che la sua posizione sia totalmente utopistica?
Israel Shamir: In Francia, gli ebrei hanno ottenuto l’uguaglianza dei diritti duecento anni fa! In quell’epoca, ciò sembrava totalmente utopistico! Dire che “vincere Israele è totalmente utopistico” ecco un’affermazione veramente razzista!
Silvia Cattori: Sappiamo che la stragrande maggioranza degli israeliani collaborano con la politica di oppressione del loro governo, in questa situazione quale cambiamento si può sperare?
Israel Shamir: Quello che conta, è avere una visione chiara, sapere ciò che si vuole, essere in buoni termini con gli altri, per quanto ciò è possibile, uniti, al di là delle spaccature, contro i vostri nemici. Allora si hanno buone possibilità di vincere. In Inghilterra, fino agli anni Venti, il paese era diretto da persone che si erano formate ad un’unica e sola scuola: quella di Eton. Quante persone avevano potuto studiare a Eton? Certo non delle migliaia. Tuttavia sono riuscite ad assicurarsi il controllo totale dell’Inghilterra.
Silvia Cattori: Durante la cena annuale del CRIF (Conseil représentatif des institutions juives de France), il suo presidente ha criticato la politica estera della Francia in presenza di 18 ministri, senza suscitare la loro reazione. Come spiega lei un simile atteggiamento di sottomissione?
Israel Shamir: Ecco la mia spiegazione: Le élites della Francia, come tutte le élites dei paesi europei, credono fermamente nell’esistenza di un enorme potere ebraico. Ed è proprio questa credenza che dà l’esistenza a questo potere. Per cui, evidentemente, la cosa migliore sarebbe che coloro che appartengono alle élites si sentano dire da parte vostra, o da chiunque altro: “Sapete gli ebrei non sono al potere, non è vero che dirigono il mondo”.
Silvia Cattori: Lei è ottimista riguardo alle possibilità di pace in Palestina?
Israel Shamir: Per quanto riguarda la Palestina, sono totalmente pessimista. Ma sono ottimista a lungo termine, perchè sono persuaso che i palestinesi alla fine vinceranno. Tuttavia non ci si deve aspettare nulla di buono dal regime di Abu Mazen: tutti questi piccoli passi, per me, sono totalmente privi di senso: non portano da nessuna parte.
Silvia Cattori: Cosa si può suggerire alle persone che vogliono agire a favore dei diritti del popolo palestinese, senza perdersi più in azioni sterili?
Israel Shamir: In ogni paese, ovunque ci troviamo, dobbiamo fare uscire allo scoperto i rappresentanti dei nostri nemici; a qualunque livello si trovino, dobbiamo far in modo che non se la cavino a buon conto.
Silvia Cattori: Ma concretamente chi sono questi “rappresentanti dei nostri nemici”?
Israel Shamir: In Svizzera, o in Francia, i loro rappresentanti sono tutti coloro che sostengono gli intrighi americano-israeliani. Sharon, indubbiamente, aiuta a unire chi lotta: parlare (male…) di Sharon, va bene. Ma Shimon Peres non è assolutamente migliore di Ariel Sharon. Nei vostri rispettivi paesi, dovete sostenere tutti coloro che lottano sinceramente contro l’impegno a fianco degli Stati Uniti, di Israele e del neoliberalismo. Fate in modo che l’America sia quanto più isolata è possibile. E poi, secondo il mio umile parere, dovete sforzarvi di stabilire rapporti con le forze positive in Medioriente, ed anche in Russia. Questo paese, che nel passato fu amico di tutti i popoli onesti, oggi si trova ad un bivio. La Russia è molto importante, è necessario stabilire legami con essa.
Silvia Cattori: Ma come stabilire legami con tutte queste forze disperse?
Israel Shamir: E’ per questo che sono qui. Siamo come farfalle; passiamo da fiore a fiore, portiamo la buona novella. Lo spirito non è morto; la gente è sempre viva! In Russia, hanno costruito delle armi magnifiche per vincere il nemico: alcuni buoni libri da tradurre e diffondere. Non solo la nostra generazione, ma la generazione precedente, che è stata particolarmente ispirata da quello che è stato fatto in Russia. E tuttavia la Russia può sempre essere la motrice. Dobbiamo aiutare questo motore, i motori delle coscienze e delle opinioni hanno bisogno di essere aiutati. Chi può mai saperlo? Potrebbero forse trarci fuori dalle difficoltà e permetterci di andare avanti.
[1]Un gentile, un non ebreo.